Complementarità

Di Régis Soavi

Tensione e distensione sono i due aspetti più visibili del movimento interiore umano; come lo yin e lo yang, possono succedersi, intrecciarsi o sovrapporsi, ma non sono mai completamente separati, nonostante l’intensità delle reazioni che provocano.

Il nostro mondo ci offre ogni giorno motivi di tensione, che di per sé non è da condannare, perché il più delle volte è una funzione involontaria, oppure un riflesso di difesa di fronte alle avversità. Gli esseri umani hanno mille motivi per tendersi, ma la tensione che cerca di scaricarsi provoca molto spesso atteggiamenti aggressivi che portano a un effetto valanga. È allora difficile apportare un po’ di distensione per risolvere questa situazione. Si cerca di ottenere la distensione con il volontario, ma molto spesso è ancora peggio e la situazione si aggrava. Più si cerca di distendersi, più si ragiona, più la tensione aumenta. È l’escalation che sembra non aver più fine.

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Espirazione al plesso durante una seduta di Katsugen undo, nel dojo di Tsuda sensei

Involontario

La tensione non è che una risposta a una determinata situazione. Se la risposta è adeguata, tutto va bene. Ma molto spesso ci porta verso qualcosa che non desideriamo e ci porta a superare i limiti accettabili per gli altri. Altre volte provoca blocchi che rendono impossibile, o comunque difficile, risolvere una paura o un conflitto interno. In questo caso, il raggiungimento della distensione deriva spesso da uno sforzo volontario, da un allenamento rigoroso, da un superamento consapevole della situazione.
Contrariamente alla ricerca del controllo tramite la volontà, il Seitai ha un punto di vista relativamente semplice e tuttavia di buon senso sul movimento del corpo, che ho sentito spesso esporre da Tsuda sensei durante le sue conferenze. Nel suo libro, Il dialogo del silenzio, riassume il pensiero di Noguchi sensei sulla salute in una frase: «’Un corpo in buona salute è elastico’. Ciò può tradursi con una grande ampiezza muscolare, in altre parole, c’è una grande differenza nei muscoli tra il momento di contrazione e il momento di distensione. Un corpo in buona salute è paragonabile a un elastico nuovissimo che si allunga e si accorcia facilmente. Questa elasticità diminuisce man mano che si invecchia. Quando l’ampiezza muscolare si azzera, si smette di vivere. La morte non arriva quindi bruscamente. Ci si avvicina alla morte con una perdita graduale di elasticità.»(1) Tsuda sensei spiega in un altro libro, Anche se non penso SONO: «Quando un movimento viene eseguito normalmente, la contrazione muscolare deve cessare dopo l’uso per lasciare il posto alla distensione. Se l’irrigidimento persiste nelle parti interessate, è perché il movimento è eseguito male. Questo vale per qualsiasi movimento che il corpo esegue. L’ideale del Seitai è mantenere al massimo l’ampiezza muscolare, in altre parole, lo scarto tra contrazione e distensione.»(2)

Il senza tensione: qualcosa di inumano?

Ci sono degli adagi che danno da riflettere, come ad esempio questo: “Solo il saggio, come un ‘Buddha vivente’, rimane calmo in ogni circostanza e assume una postura tranquilla che riflette la più perfetta distensione”. È vero o si tratta, come al solito, di un’idea mal compresa, di un messaggio che perde tutto il suo valore a causa della sua riduzione semplicistica? E poi, chi può fare una simile affermazione? I praticanti di arti marziali sono spesso alla ricerca di modi per mantenere la calma, per non farsi sopraffare dalla paura, in qualsiasi circostanza. La meditazione e gli esercizi concepiti per questo scopo possono portare a trovare una certa serenità, ma quando ci si trova inaspettatamente in una situazione difficile, spesso tutto svanisce e si resta come incapaci di reagire.

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Favorire la distensione durante le immobilizzazioni

Restare Cool

Come rimanere calmi e sereni quando una situazione diventa pericolosa? La risposta dipende naturalmente dalla situazione stessa, ma prima di tutto dal Taiheki(3) della persona e quindi dalla sua postura e dalla capacità di movimento del corpo. Quello che viene chiamato Taiheki è l’espressione visibile della polarizzazione dell’energia vitale in un punto particolare del corpo, il più delle volte una zona che comprende il Koshi e una o più vertebre. Questo influisce evidentemente sulle abitudini corporee e di conseguenza può causare blocchi così come una maggiore facilità di movimento, e può influire sulla rapidità di azione: di fronte a una determinata situazione, un certo tipo di praticanti sarà in grado di trovare la distensione solo attraverso l’azione: un blocco dell’energia alla terza lombare lo costringe a torcersi e ad agire per consumarla, indipendentemente dalle conseguenze. Una volta risolto il problema, anche se si rende conto di aver fatto una sciocchezza, si distende.
Un altro ha bisogno di pensare prima di agire, conosce tecniche per proteggersi in caso di pericolo, ma quando si trova effettivamente nella situazione si allontana dalla scena, se può, per rimanere spettatore. Questo distacco gli permette di avere uno spirito critico e un giudizio obiettivo. La sua energia è bloccata alla prima vertebra lombare e alla terza cervicale; tende a salire al cervello ma non riesce a ridiscendere facilmente. Si distende perché è soddisfatto quando trova la soluzione teorica.
Un altro ancora sarà un eccellente praticante, uno sportivo in gran forma, ma per lui la distensione arriva quando ha calcolato bene la sua mossa. È pronto e sa come reagire, le sue tecniche sono sicure, domina la situazione. La sua energia si concentra nella quinta lombare, e questo lo spinge ad andare avanti comunque.

Equilibrio

Qualunque sia la nostra postura, l’agilità, le difficoltà o i blocchi, ciò che cerchiamo nel quotidiano per mantenerci in forma, e quindi in salute, è l’equilibrio, la capacità di tenderci in caso di bisogno e di rimanere distesi quando non è più necessario. La capacità di tensione è favorita dalla distensione che agisce come regolatore della salute umana. È l’alternanza tensione e distensione, pieno e vuoto che regola la vita di ognuno. È il nostro sistema involontario, se ben funzionante e quindi capace di reagire, a dare le risposte giuste a tutte le circostanze che si possono presentare, perché è l’intuizione, come afferma il filosofo Henri Bergson, che è “la coscienza nella sua forma più luminosa”, e quando è ben risvegliata è l’indiscutibile giudice della situazione. Se siamo interessati allo sviluppo interiore dell’individuo, la pratica dell’Aikido ci porta, e oserei dire, ci costringe ad avere una visione e una comprensione non dualistica del mondo in cui viviamo. Ci permette di ritrovare il senso profondo del Tao come unità, di sentire lo yin e lo yang come forze non separate che scorrono nel corpo. Nella contrazione come pure nel rilassamento possiamo sentire queste forze come correnti, flussi biologici trasportati dalle reti muscolari e animati da ciò che facciamo fatica a definire, ma che ognuno di noi conosce e riconosce. Non resta quindi che guidarle affinché armonizzino noi e i nostri partner in ogni movimento, in ogni tecnica. “L’umanità ha cominciato probabilmente con una simile intensità di vita, con un grande scarto tra la tensione e la distensione, tra la concentrazione dell’energia e la sua dispersione, per potersi fare strada unicamente con la sua intuizione. Con lo sviluppo dell’intelligenza, l’intuizione retrocede, per lasciare il posto alla logica, alla spiegazione razionale all’imperativo dell’ordine. Il numero di stampelle aumenta”.(4)

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“Solfeggio” esercizio di distensione prima della pratica

Espirazione

Tutte le sedute di Aikido nella nostra Scuola iniziano con una pratica respiratoria e ancora più precisamente con un esercizio di respirazione profonda che è stato insegnato a Tsuda sensei dal maestro di Seitai Haruchika Noguchi sensei, ed è stato integrato in questa parte che viene eseguita da soli, anche se allo stesso ritmo degli altri. Questa prima parte era molto importante per O sensei, che la praticava ogni mattina. Nonostante la trasmissione di Tsuda sensei, Tamura sensei e molti altri, è scomparsa dalla maggior parte dei dojo. Dimenticata a causa del fatto di non esserne a conoscenza o dell’incomprensione, poiché molto spesso è stata, erroneamente, equiparata a un rito religioso o a un riscaldamento sportivo, mentre in realtà si trattava di un Misogi. In altre parole, un rito di purificazione, di unione con la natura e allo stesso tempo di realizzazione di sé come parte di un tutto, essendo al contempo il tutto e la parte, senza distinzioni. Questo esercizio di Seitai si svolge in questo modo: seduti in seiza, sui talloni, si mettono le mani all’altezza del plesso solare e, premendo leggermente, ci si piega in avanti fino a toccare i tatami, espirando con la bocca spalancata ma distesa, un po’ come un bambino che rimane a bocca aperta davanti a un regalo inaspettato. Poi ci si raddrizza con un’inspirazione. Di fatto si tratta di una sorta di sbadiglio indotto artificialmente, perché, come tutti sanno, non si può sbadigliare volontariamente e nemmeno a comando. Anche se non è spontaneo, questo sbadiglio agisce in profondità sul sistema parasimpatico e provoca una distensione che può durare a lungo, o almeno per un principiante, per tutta la durata della seduta. Si fa questo esercizio tre volte di seguito, molto tranquillamente, prima di continuare la Pratica respiratoria che sarà ritmata dall’inspirazione alternata all’espirazione. È l’ampiezza della respirazione, e il fatto di rimanere concentrati su quest’atto, che permette che alla tensione segua la distensione, in modo da non rimanere nell’una o nell’altra di queste due condizioni che bloccano le nostre azioni e reazioni, a causa di troppa energia non spesa o di una mancanza di reattività causata dalla flaccidità.

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“Schiena a schiena” esercizio di distensione alla fine della seduta

Senza la distensione l’Aikido perde la sua identità

Non c’è bisogno di guardare molto indietro, se l’Aikido ha avuto il suo momento di gloria come arte marziale, è soprattutto grazie al modo disteso che i nostri maestri hanno insegnato, alla bellezza dei loro gesti, alla semplicità del loro comportamento, da cui ovviamente scaturiva l’efficacia che ci ha affascinato all’inizio. È stato questo atteggiamento, molto più che la tensione, i gesti bruschi o addirittura violenti, o l’aggressività che si manifesta in molti aspetti del nostro mondo sociale o nelle pratiche guerriere a toccarci. Mi sembra sia essenziale non dimenticare le nostre radici, né rinnegare ciò che ha sempre fatto parte dell’insegnamento della nostra arte, ma al contrario comprenderne l’importanza, la potenza, la finezza. Guidare le nuove persone, la generazione dei “millennials”, come gli anziani del secolo scorso, offrendo loro con modestia ciò che siamo riusciti a scoprire e sperimentare, frutto di una pratica tanto non aggressiva e flessibile quanto talvolta intensiva, ma sempre alla ricerca della comprensione dell’altro, della fusione di sensibilità, della distensione per favorire sempre la vita. Questo è il percorso che seguo, è il percorso della nostra Scuola, è la via che il mio maestro Itsuo Tsuda mi ha insegnato. È questa via che ci permette di essere in questo mondo vivendo in un altro. È così che posso fare mio questo aforisma del filosofo Raoul Vaneigem:
“Nel desiderio irrefrenabile di vita si dissolvono e aboliscono le leggi di un mondo che non è il mio”.

Régis Soavi

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1) Itsuo Tsuda, Le dialogue du silence, Le Courrier du Livre, p. 44.

2) Itsuo Tsuda, Même si je ne pense pas JE SUIS, Le Courrier du Livre, p.76.

3) Tendenze posturali.

4) Itsuo Tsuda, La scienza del particolare, Yume Editions, pagg. 126-127.