di Manon Soavi«[?] Il cammino per la scoperta di sé in profondità [?]» diceva Tsuda Sensei «non è una linea retta verso il paradiso, è tortuoso.»(1) Come i musicisti classici passano la loro vita in una ricerca infinita di evoluzione, i praticanti di arti marziali sono su cammini senza fine. Peraltro queste vie non sono prive di senso, di cartelli stradali e di verifiche. Uno dei cartelli stradali che ha lasciato Tsuda Sensei ai suoi allievi è «Dojo».Egli stesso scrive in materia: «Come ho già detto, il dojo non è semplicemente uno spazio a parte e riservato a certi esercizi. È un luogo dove lo spazio-tempo è diverso da quello di un luogo profano. L’atmosfera è particolarmente intensa. Vi si entra salutando per sacralizzarsi e si esce salutando per desacralizzarsi. [?] Mi si dice che in Francia, si trovano dei dojo che sono semplicemente delle palestre o dei club sportivi. E sia. Ma, quanto a me, io voglio che il mio dojo sia un dojo, e non un club con un gestore e dei clienti abituali, e questo allo scopo di non disturbare la sincerità dei praticanti. Ciò non significa che essi debbano avere una faccia corrucciata e compassata. Al contrario, bisogna mantenere uno spirito di pace, di comunione e di gioia.»(2)Ma perché creare dei Dojo? È alquanto faticoso e richiede molto lavoro!
L’avventura comincia all’aurora (3)
Il Dojo stesso è un luogo fuori dal tempo sociale, fuori dall’epoca, indifferente alla localizzazione geografica, e anche tutto ciò ci disorienta completamente. Inoltre noi pratichiamo al mattino presto (come faceva O Sensei Ueshiba). Le sedute si tengono tutte le mattine, tutto l’anno, alle 6.45 durante la settimana e alle 8.00 nel week-end. Che nevichi, che ci sia il sole, che sia un giorno di vacanza o di lavoro, il Dojo è aperto e ci sono le sedute. Al di là della suddivisione arbitraria del tempo del nostro mondo.Anche l’alba è un tempo particolare. Tra il risveglio e la pratica non c’è quasi nulla. L’autore Yan Allegret l’ha così espresso in un articolo apparso in KarateBushido: «Avviene intorno alle 6 del mattino. Delle persone escono di casa e si dirigono verso un luogo. A piedi. In macchina. In metropolitana. Fuori, le strade di Parigi sono ancora assonnate, quasi deserte. L’alba è vicina. La seduta di Aikido inizia alle 6:45. Il ritmo della città è ancora quello della notte. Quelli che sono usciti non hanno ancora indossato le armature necessarie alla giornata di lavoro che si annuncia. Qualcosa rimane in sospeso. Con la nascita del giorno si ha l’impressione di camminare in un interstizio.»(4)Un interstizio di tempo e spazio durante il quale si può cominciare il lavoro su noi stessi. Perché bisogna perdere, almeno un po’, i nostri punti di riferimento abituali per ritrovare la sensazione interiore dei nostri riferimenti. La sensazione della nostra velocità biologica piuttosto che il tempo scandito dal quadrante dell’orologio. Per ascoltare sé stessi c’è bisogno di silenzio intorno. E nel nostro mondo il silenzio non è una cosa facile da trovare!
Uno scrigno
Non avere soldi è un vantaggio
Per Musashi Miyamoto tutto può essere un vantaggio. Nel momento di un combattimento avere il sole alle spalle può essere un vantaggio, se il nemico ha il sole alle spalle e pensa di essere avvantaggiato, è un vantaggio. Perché tutto dipende dall’individuo, da come si orienta. A volte anche non avere soldi è un vantaggio, perché allora non abbiamo altra soluzione che quella di creare, di inventare delle soluzioni. È quindi possibile creare dei Dojo senza sovvenzioni, interamente dedicati a una o due pratiche, ciò che a priori era impossibile diventa realtà.A volte la difficoltà ci stimola a creare ciò che ci è indispensabile. Nell’essere inquilino, nell’essere volontario, nel fare da soli, nel non cercare la perfezione ma la soddisfazione interiore. Ascoltando le proprie esigenze interiori e non gli uccelli del malaugurio che vi dicono che non funzionerà ancor prima di aver iniziato.Temporaneo? Come tutto ciò che vive sulla terra, sì, ma di un temporaneo vissuto pienamente nell’istante. Vivere intensamente, seguire il proprio cammino, non è una cosa «facile». Ma i poeti ci hanno già dato dei consigli, come R.M. Rilke: «Sappiamo poco, ma che dobbiamo attenerci al difficile è una certezza che non ci deve abbandonare.»(7)Costruire tutto accettando l’instabilità, lavorare per essere soddisfatti e non per uno stipendio o per la fama, ecco dei valori che vanno piuttosto in senso contrario rispetto alla nostra società del piacere immediato, del consumo come compensazione alla noia. Se oggi non ci sono più necessariamente, nella nostra società, delle lotte per la sopravvivenza, c’è sempre una lotta per avere sempre di più. Una felicità di facciata, una vita messa in scena, che viene esibita sui nostri social network. Come hanno teorizzato i situazionisti della fine degli anni Sessanta, ciò che viene direttamente vissuto scompare in una rappresentazione, la vita diventa quindi un accumulo di spettacoli, fino al suo parossismo, in cui la realtà si inverte: la rappresentazione della nostra vita diviene più importante del nostro vissuto reale. Come diceva Guy Debord «Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.»(8)In un Dojo si lavora per riallacciarci con il vero che persevera in noiÈ esattamente nello stesso senso che va la pratica del Katsugen Undo, che permette il risveglio delle capacità del corpo. Il risveglio della vita, della nostra natura profonda. Allora la realtà non è più un’oppressione che ci impedisce di fare ciò che vogliamo della nostra vita, ma tutto al contrario, è la percezione sottile della realtà che ci mostra che tutto dipende da noi, dalla nostra orientazione. Il fondatore del Katsugen Undo, Noguchi Haruchika Sensei, scrive alcune riflessioni a proposito dell’opera di Chuang-Tzu. Queste riflessioni sono di grande interesse e io non resisto a terminare questo articolo utilizzando le voci intercalate di questi due pensatori:«Chuang-Tzu ha visto come un tutto unico i contrari di bene e male, di bellezza e bruttezza, e dell’utile e dell’inutile, e per lui la vita e la morte erano anche un tutto unico, quello che nasce muore e quello che cessa di esistere torna in vita. “La vita sorge dalla morte e la morte sorge dalla vita” ha scritto.»«Quando Tsu-Yu contrasse una malattia paralizzante, Tsu-Szu andò a trovarlo e gli chiese: “Pensi che il tuo destino sia spiacevole?” La risposta di Tsu-Yu fu sorprendente: “Perché dovrei trovarlo spiacevole? Se si sono prodotti dei cambiamenti e il mio braccio sinistro si trasforma in un gallo, lo userò per annunciare l’alba. Se la mia spalla destra è trasformata in un proiettile, la userò per abbattere un piccione da arrostire. Se i miei glutei diventano ruote di carro e il mio spirito un cavallo, viaggerò grazie a loro. Allora non avrei bisogno di altro veicolo che me stesso – sarebbe meraviglioso!” […]Questa è la strada che Chuang-Tzu percorre. Nella sua attitudine – che qualsiasi cosa accada, è appropriata, e che quando qualcosa accade, vai avanti e affermi la realtà – non vi è nessuna traccia della rassegnazione che si trova nel sottostare al destino. La sua affermazione della realtà non è altro che l’affermazione della realtà. La dignità di quest’uomo è espressa dalle sole parole di Lin Chi: “Ovunque tu sia, sii padrone”.»(9)Volete ricevere i prossimi articoli? Iscriviti alla newsletter: