di Régis Soavi
Shisei è il riflesso dell’anima e della salute del corpo, sia fisica che psicologica. È l’indiscutibile rivelatore di uno stato, permanente o temporaneo, per chi sa leggere la postura nell’espressione della sua manifestazione della vita. “La postura è la concretizzazione del movimento inconscio.” Itsuo Tsuda1
Postura e involontario
La ricerca scientifica moderna ha evidenziato che, a parte i problemi di struttura corporea o mentale, la malattia o anche l’età, la postura è nella maggior parte dei casi il risultato dell’educazione e degli sforzi che si fanno per conformarsi all’ambiente culturale e sociale; è quindi tramite una mescolanza di volontario e di involontario che si ottiene la postura che si desidera. È necessario prender coscienza che, a meno che non diventiamo rigidi, l’involontario, qualunque sia il nome che gli diamo (inconscio, subconscio o anche sistema nervoso autonomo), ha sempre la preponderanza sul volontario. Nonostante tutto, spesso ci è difficile accettarlo, averne piena consapevolezza. La prova della nostra incomprensione è il desiderio di correggere la postura con l’aiuto del volontario, nella speranza di supplire ad una mancanza, ad un’indisposizione, ad una sofferenza personale o per ogni sorta di altre ragioni, ognuna delle quali ha ai nostri occhi un valore di per sé. Il nostro sistema involontario è al servizio della vita che lavora in ognuno di noi. E tra l’altro, è lì proprio per correggere le nostre difficoltà posturali e permetterci di preservare un equilibrio il più naturale possibile affinché la vita si mantenga dentro di noi. E questo, a volte, anche a costo di dolori o deformazioni se resistiamo ai suoi impulsi regolatori e persistiamo nel rifiutarci di lasciare la presa, e quindi nell’irrigidirci combattendo contro di esso. È quindi importante stimolare questo sistema involontario attraverso esercizi che, invece di metterlo in pericolo o cercare di dominarlo, gli diano la libertà di svolgere il proprio lavoro e di riequilibrarci ogni volta che ce n’è bisogno. Il Katsugen undo, introdotto in Francia con il nome di Movimento rigeneratore da Itsuo Tsuda sensei dall’inizio degli anni settanta, corrispondeva esattamente alla risposta che molti di noi, praticanti di arti marziali, cercavano già allora per migliorare la propria postura. Questo ovviamente non era l’unico metodo esistente e alcuni hanno trovato in diverse discipline o terapie dei mezzi che hanno permesso loro di andare avanti senza subire danni. Ma ovviamente non era alla portata di tutti, sia dal punto di vista finanziario che dell’impegno che richiedeva in continuità, resistenza o tempo. Questo metodo di attivazione dell’involontario, il Katsugen Undo scoperto da Haruchika Noguchi sensei, è praticato da più di mezzo secolo da migliaia di giapponesi. È, per la sua semplicità, la sua filosofia e il suo bassissimo costo di iniziazione e di tariffa per la pratica, un’attività che non solo è alla portata di tutti e tutte, ma soprattutto è di grande aiuto per ognuno grazie alla sua capacità di risolvere molti problemi posturali attraverso l’attivazione del sistema involontario. È una possibilità per chiunque abbia il desiderio di trovare un percorso verso la salute in modo autonomo e indipendente. Un gran numero di ricercatori, di medici, di shiatsuka che avevano focalizzato le loro ricerche sui benefici di una postura che fosse flessibile, forte, sana e che portasse l’individuo verso l’autonomia e l’indipendenza nella cura della propria salute, si sono recati a far visita a Noguchi sensei per entrare in contatto e scambiare i loro punti di vista e anche le loro tecniche, sull’esempio di Moshe Feldenkrais il cui metodo è ben noto in Francia o anche di Kishi sensei che ha sviluppato la propria tecnica sotto il nome di Sei-ki.
Il soffio
Non molto tempo fa si usava uno specchio che si metteva davanti alla bocca di un morente per sapere se c’era ancora un po’ di vita o se la morte era già avvenuta. Questo metodo, seppure primitivo, dava un’indicazione, certamente relativa, ma indicava chiaramente l’importanza data al soffio, alla respirazione, e quindi a questa manifestazione della vita della persona davanti alla quale veniva messo. Oggi lo specchio non basta più, testiamo l’attività cerebrale nella speranza di non sbagliare sulla capacità dell’individuo di tornare a una vita normale, in ogni caso abbiamo applicato il protocollo imposto, abbiamo messo in funzione le macchine, quindi siamo legalmente tutelati. Il soffio, però, è qualcosa di molto diverso dalla respirazione polmonare perché è portatore di un’energia molto più vasta, anche se poche persone ne sono consapevoli o la riconoscono.
Il soffio è l’alimento della postura, semplicemente per la sua composizione interna, per gli elementi visibili e invisibili che porta. Chi può credere in una postura forte, nella vera potenza di una persona quando vede che la sua respirazione è bloccata. Non sono gli esercizi che rendono più ampio il soffio, permettono magari di liberare semplicemente la psiche, di calmare lo spirito, affinché il Ki circoli di nuovo senza ostacoli in questo corpo finalmente libero dalle tensioni.
La postura: un benessere personale
La ricerca di una postura a tutti i costi comporta dei rischi per l’organismo, soprattutto quando le tecniche proposte prevedono esercizi mirati all’irrigidimento per conformarsi a un’idea di corpo pubblicizzata oggi dai social network. Immagini e rappresentazioni occupano sempre più spazio nella vita quotidiana, a scapito di una realtà semplice, considerata poco attraente. Le posture che emergono degli Antichi Maestri attraggono sempre meno perché troppo spesso non vengono comprese e sembrano essere nascoste alla maggior parte delle persone. È dopo lunghi anni di pratica che gli occhi interiori si aprono per rivelarci quello che avremmo potuto vedere se non fossimo stati accecati dallo spettacolo del mondo. Quando Tsuda sensei scrive per farci comprendere meglio O sensei Ueshiba, lo fa sempre in un modo particolare, e mi sembra importante ritrovare le testimonianze dei maestri che, come lui, hanno conosciuto il fondatore dell’Aikido: «Il mio contatto con lui che è durato più di dieci anni mi ha dato un’immagine di lui completamente diversa da quella comunemente ammessa per un atleta. […] Non l’ho mai visto fare il minimo esercizio che fosse per fortificare i propri muscoli per tutto il tempo che l’ho conosciuto. Invece, l’ho visto fare spesso il norito, formula rituale, che lo metteva in comunicazione con gli dei. Era una pratica religiosa senza nessun rapporto con gli sport o l’atletica. Un giorno, mi ha detto in occasione di una mia visita a Iwama, nel suo ritiro di campagna: ‘Quando avevo dai cinquanta ai sessant’anni, avevo una forza straordinaria. Ora, non ho più molta forza e faccio fatica anche a portare un secchio d’acqua. Invece, comprendo l’Aikido molto meglio di allora.’ Chi accetterebbe, in Occidente, l’idea di un atleta che non ha più forza fisica, che passa la propria giornata in pratiche religiose e che, tuttavia, è capace di compiere delle prestazioni straordinarie? In ogni caso, senza nessuna incoerenza, l’accettavo come tale. Ero affascinato dalla sua postura, dal suo incedere. In lui, tutto era naturale, semplice, senza il minimo gesto inutile, senz’alcuna ostentazione, né orgoglio. Sentivo attorno a lui, benché invisibile, tutto un paesaggio di serenità, di realizzazione. Io, pagliaccio grossolano, non potevo resistere al piacere di vederlo ogni mattina, alzandomi alle quattro, per dieci anni fino alla sua morte. Spazzava qualsiasi mia preoccupazione meschina della vita sociale.»2
Il centro
Un buon equilibrio, un buono Shisei richiede un buon centro ben posizionato, ma come trovarlo, averne cura, conservarlo? Tsuda sensei racconta che durante la meditazione che O sensei chiamava “Ka-Mi” (meditazione che si pratica in piedi all’inizio della seduta), diceva ai suoi allievi: Ame-tsuchi no hajime “mettetevi all’inizio dell’universo”. Oggi è diventato molto difficile proporre un’immagine del genere, che rischia di non essere compresa o compresa solo letteralmente, il che equivale ad una comprensione puramente mentale quando si tratta di tutt’altro. Solo l’esperienza può guidarci per rendere concreto questo centro. Dobbiamo andare nel più profondo della nostra sensibilità, essere senza pensieri, essere presenti realmente “qui e ora”. La scienza ha spezzato questo semplice rapporto con il nostro ambiente, con ciò che possiamo sentire, non riusciamo nemmeno più a sapere chi siamo e dove siamo. Mi sembra che ci sia stato un tempo in cui l’essere umano non si poneva più domande sulla sua posizione nell’universo di quante non gli fossero necessarie per vivere la vita di tutti i giorni. Poco gli importava dello spazio, dei pianeti, delle costellazioni, se non per ciò che aveva un rapporto diretto con la sua vita quotidiana, l’agricoltura, il tempo che fa, il movimento degli animali e i loro cicli riproduttivi. La conoscenza dell’astrologia era rivolta all’uomo e a ciò che lo circonda. Il luogo in cui si trovava diventava il centro della sua vita e di conseguenza del suo universo. È grazie a questo che si sentiva parte di un universo, “il suo mondo, il suo cosmo”. La scienza ha ampliato la nostra concezione e la nostra percezione dell’universo, benissimo, ma il risultato è una destabilizzazione della nostra realtà. L’essere vivente si sentiva al centro del pianeta, “la sua terra”, ovunque fosse, ovunque vivesse. Poi venne l’inizio della sua disorganizzazione mentale. Sebbene essa sia stata necessaria per uscire dall’oppressione religiosa dell’epoca medievale che subiva, creò uno shock, poi degli sconvolgimenti che avrebbero perturbato sempre di più. Prima gli venne insegnato che la terra era rotonda come una palla, poi che girava attorno a un asse, poi che girava intorno al sole e infine che il sole era al centro del sistema solare. L’essere umano si è quindi ritrovato decentrato, non era più il centro di un universo ma respinto verso l’esterno. Come se non bastasse, apprese che il sistema solare faceva parte di una gigantesca galassia, la Via Lattea, scia bianca che aveva potuto vedere nel suo cielo, che era esso stesso in competizione con altri sistemi solari, buchi neri ecc. Ma ancora una volta constatò che non era il centro di questa galassia, che si trovava piuttosto su uno dei bordi esterni, una sorta di corno di stelle in una lontana periferia. Ancora più recentemente si scoprì che questa galassia è quasi nulla rispetto ai miliardi di miliardi di miliardi di galassie conosciute, o semplicemente indovinate, o concettualizzate grazie all’arte della matematica. La cosa umana si è ritrovata molto piccola, insignificante, anche rispetto a ciò che la circonda. La questione rimane: come trovare, ritrovare il proprio centro in queste condizioni?
Ameno-minaka-nushi
All’inizio della seduta di Aikido, subito dopo il funakogi undo, “movimento del remo” come lo chiamavano i giovani allievi di O sensei, c’è una specie di meditazione in movimento, ma molto lenta all’inizio, tama-no-hireburi “la vibrazione dell’anima”. Essa si pratica a mani unite, davanti all’Hara, la sinistra sopra la destra. Si fanno vibrare le mani, senza eccessi, ma in modo regolare. Una delle particolarità di questa meditazione è che si deve farla con una sola inspirazione che deve essere molto, molto lenta. Questo esercizio deve essere ripetuto tre volte, accelerando leggermente ogni volta il ritmo della vibrazione. Subito prima di questa pratica O Sensei faceva a voce alta delle evocazioni in forma d’invocazioni dei nomi di Kami che Tsuda sensei ci ha trasmesso negli ultimi anni della sua vita. Per me, è nello stesso tempo una fessura, un leggero spazio, una leggera apertura, ed anche una direzione, una porta e una chiave, che mi permettono di ricentrarmi. Mi permette ogni mattina di intrufolarmi, quando si pratica, in quello che può rappresentare nonostante tutto, ne sono consapevole, un “rischio”. Quello d’immergersi in un universo mentale parallelo, una specie di schizofrenia o un vortice mistico da cui si esce solo con difficoltà. Tuttavia basta mantenere il sangue freddo, la lucidità fisica e psichica per restare presenti a se stessi.
O Sensei usava dei rituali shinto come una specie di trasposizione delle proprie sensazioni. Come uno scrittore, un musicista o un pittore traspongono le proprie sensazioni quando compongono un’opera, o ci fanno scoprire un mondo che gli appartiene. Nello Shinto, Ameno-minaka-nushi è considerato come il Kami Centro dell’Universo ed è la prima evocazione, poi è la volta di Kuni-toko-tachi, Eterna Terra, la materializzazione del mondo, in quanto esseri umani, in quanto praticanti, prendiamo corpo, realizziamo la materia, ciò che siamo, si potrebbe dire, quasi carne e sangue. Infine Amaterasu-o-mi-kami si presenta alla nostra coscienza, e non c’è altra alternativa che accettarla. Principio femminile, Amaterasu è “La” Kami Sole, al contempo vita, stimolazione della vita e creazione. Tra ogni momento della vibrazione, la vibrazione continua, niente si ferma, il ritmo dei movimenti del remo, funakogi undo, accelera, passando da lento a mediamente rapido, poi a molto rapido. Itsuo Tsuda sensei ci spiegava che questo ritmo gli ricordava la recitazione del Nö che aveva studiato per quasi venticinque anni, e in cui ci sono tre ritmi diversi che si susseguono: Jo, Ha e Kyu. Noi europei possiamo ad esempio permetterci di evocare i ritmi musicali largo, andante, e poi presto, prestissimo. Tsuda sensei ci dà qualche indicazione riguardo la propria comprensione delle invocazioni di O Sensei.
1) Wake-mitama (emanazione): tutti gli esseri sono emanazioni di un Tutto, di Ame-no-minaka-nushi, del Dio centro. Siamo tutti Dio stesso nella nostra essenza. Fondamentalmente, ci identifichiamo con il Dio centro. Nelle religioni rivelate come il cristianesimo o l’islamismo, l’essenza divina appartiene esclusivamente ad un solo essere. Tutti gli altri sono pecore o montoni che hanno bisogno di un pastore o di una guida spirituale.
2) Kotodama (vibrazioni): Tutto l’Universo è concepito come pieno di sensazioni di vibrazioni. Queste vibrazioni preesistono prima di essere percettibili.”3
Il riflesso dell’anima
Il nostro stato mentale non può che riflettersi nella nostra postura, qualunque sia la teoria che, forse, abbiamo fatto nostra. La postura di ognuno è influenzata dal momento che si sta vivendo, da ciò che ci circonda, vicino o lontano. In effetti da tutte le circostanze interne o esterne. La nostra capacità di mantenere una postura corretta, in grado di reagire, è nonostante tutto una cosa che si può lavorare e può dare buoni risultati se non si va in senso contrario a quello che fa bene al corpo e a quello che siamo nel profondo di noi stessi.
“Umile fiore che spunti nella crepa di un muro
la tua felicità di essere te stesso ti basta
per essere al centro dell’universo”.4
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Articolo di Régis Soavi pubblicato in Self e Dragon Speciale nel mese di april del 2024.
Note:
1. Itsuo Tsuda, Cœur de ciel pur, Ed. Le Courrier du Livre, 2015, p. 23.
2. Tsuda Itsuo, Le Dialogue du Silence, Ed. Le Courrier du Livre, 1979, p. 76.
3. Itsuo Tsuda, La voie des dieux, Ed. Le Courrier du Livre, 1979, p. 109.
4. Bing xin: autrice, poetessa (1900-1999), citata da F. Verdier nel suo libro Passeggera del silenzio, Ed. Tea, pag. 100.